Libertini e puritane nella storia della Scienza – parte I

Le insensate risatine alla presa d’atto che l’abate Mendel studiava i piselli, se proprio inevitabili, dovrebbero limitarsi a quando la genetica viene affrontata nelle scuole medie; disgraziatamente invece si perpetuano fino alle superiori, e, in casi particolarmente gravi di immaturità, approdano fino ai banconi universitari (oss. pers.!).
Se i piselli sono di per sé innocenti (visto che l’uso scurrile della parola deriva da un’analogia forse non così immediata in un’epoca in cui li trovi già nel barattolo e non devi levarli dal baccello), altri elementi che la natura ha modellato si prestano in effetti ad analogie un po’ meno forzose, come hanno avuto modo di rilevare diversi naturalisti un po’ troppo scollacciati nel corso dei secoli.

Il più noto tra i naturalisti disinvolti sotto questo punto di vista è indubbiamente il caro vecchio Linneo (1707-1778), che oltre ad essere uno sperticato fan di…sè stesso, era anche un po’ fissato con il sesso, o almeno questa è l’idea che si è fatto Bryson [1]. Di fatto, Linneo si beccò una denuncia per immoralità dallo Stato svedese e una condanna dalla Chiesa Luterana per sospetto di libertinismo in forza dell’aver basato un trattato sull’identificazione delle piante [2] su quello che aveva definito il “sistema sessuale” delle piante. Se pensiamo a quanti gruppi di organismi sono ancora oggi classificati sulla base del “sistema sessuale” in senso lato (e intendo in particolar modo i genitali per la classificazione di molti gruppi di invertebrati e la morfologia del fiore per quella delle piante, ma potremmo estenderci, per dirne una, allo studio delle spore e delle strutture che le ospitano per la classificazione dei funghi, e così via), questo oggettivamente non basta certo ad inquadrarlo come fissato col sesso; tutt’altro, era una grandissima intuizione della quale la tassonomia [3] beneficia ancora oggi.
Quello che potrebbe far inarcare le sopracciglia dei benpensanti sono i nomi ‘equivoci’ che Linneo ha sparso qua e là nella sua laboriosa opera di classificazione e nomenclatura delle specie, forse anche facendosi delle grasse risate pensando alla faccia dei suddetti benpensanti.
È pur vero che il fiore della Clitoria ha una forma equivocabile [4], ma da un dotto del Settecento ci si aspetterebbe una maggiore delicatezza in termini di pudicizia; e invece Linneo rincara la dose, e non solo con le piante: la nomenclatura ‘birichina’ appioppata ad alcuni vegetali impallidisce – o arrossisce? – a confronto dello scempio del buon gusto che Linneo ha operato nei confronti dei molluschi bivalvi, che raggiunge l’apice della malizia nel Fundamenta Testaceologiae. Non gli bastava aver assegnato nomi come Venus meretrix (oggi altrettanto poco lusinghieramente nota come Meretrix lusoria), o Venus mercenaria (oggi Mercenaria mercenaria; battezzata così, si dice, perchè usata come moneta dai nativi nordamericani, ma a questo punto mi vien quasi da pensare che a Linneo stessero semplicemente antipatiche le vongole), o ancora Crepidula fornicata (che purtroppo per lei si chiama ancora così, tal quale, ma visti i suoi costumi sessuali un po’ se l’è meritato [5]) [6].

La vetta, o l’abisso, Linneo la raggiunge, come accennavo poc’anzi, nel trattato di concologia titolato Fundamenta Testaceologiae [7]; è qui infatti che, istituendo una nomenclatura delle parti della conchiglia utile come punto di riferimento per la descrizione delle specie in base alla conchiglia stessa, il nostro naturalista svedese si profonde in quella che è probabilmente la metafora di peggior gusto nella storia della scienza: a partire da quelli che oggi sono stati fortunatamente rinominati ‘umboni’, che lui aveva invece indicato come nates (natiche, e dico natiche per non dire chiapp…ops!), Linneo si lancia a descrivere le parti della conchiglia chiusa e vista dall’alto come se fossero i genitali femminili, con tutta la nomenclatura del caso. Abbiamo così una zona detta vulva, dalla quale si dipartono le labia (oggi quella porzione di conchiglia è chiamata ‘scutello’) e un pubes, ma non mancano nemmeno un mons veneris e un hymen e, dall’altra parte di questi rispetto agli umboni…ops, alle nates, ovviamente troviamo un anus (oggi ‘lunula’). Stephen Jay Gould faceva notare come, per quanto l’immagine risulti grezza, non sia tuttavia una forzatura così eccessiva come si potrebbe pensare a un primo impatto [8] (per farsi un’idea basta dare un’occhiata alla figura 16 della tavola II del trattato, oppure osservare attentamente il contenuto di un piatto di spaghetti allo scoglio, meglio se durante una cenetta romantica). Indipendentemente da questo, un’incursione così rasente alla pornografia al massimo livello scientifico dell’epoca non deve aver fatto troppo piacere ai malacologi del Settecento.

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Fundamenta testaceologiae, tavola II, figura 16;

scritte aggiunte per una migliore comprensione; modificato da [8].
Il buon senso e il buon gusto impediscono l’aggiunta della foto di una donna con ‘gli umboni’ all’aria, per quanto potenzialmente funzionale ad una migliore comprensione dell’analogia.

Tornando alla nomenclatura degli organismi, comunque, anche Johann Karl Megerle von Mühlfeld (1765-1840), illustre zoologo austriaco, non ha voluto essere da meno, istituendo – o forse dovremmo dire erigendo, almeno per il primo caso – i generi Glans e Vagina, tuttora validi, tra i Molluschi Bivalvi. Non so dirvi se le forme ricordino effettivamente le parti anatomiche dedicate (un naturalista non è che possa sapere proprio tutto tutto, e io sono piuttosto a digiuno di biologia marina), se volete provare voi a googlare i nomi io declino ogni responsabilità relativamente alle immagini che potrebbero saltarvi fuori…

La palma del cattivo gusto nella nomenclatura binomia, però, secondo me va a Richard Brookes (1721-1763), che nel 1763 descrisse il primo fossile di dinosauro a cui venne mai dato un nome chiamandolo Scrotum humanum, dal momento che, non essendo ancora noti i dinosauri all’epoca, lo aveva ritenuto il fossile del testicolo di un gigante (e poi noi ridiamo della salamandra di Scheuchzer…se non conoscete questo altro aneddoto non preoccupatevi, ve ne parlerò in futuro); ad oggi, la bestia è stata rinominata, con postumo trionfo del buongusto, Megalosaurus bucklandii, e si è confermato che quel fossile ‘scrotiforme’ era la testa del femore di questo Teropode lontanamente imparentato con il Tirannosauro.

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Scrotum humanum…pardon, femore di Megalosaurus bucklandii, descritto da Richard Brookes nel 1763 (ma questa rappresentazione è tratta da un’opera ancora più vecchia di Robert Plot edita nel 1676) – Fonte: Wikipedia.

Tra tanti nomi appioppati in modo un po’ discutibile, ne fanno capolino alcuni che invece non potrebbero sembrare più appropriati, per lo meno dalla nostra ottica sempre troppo antropocentrica. I famigerati funghi del genere Phallus sono un esempio lampante: la forma di Phallus impudicus è talmente equivocabile (o inequivocabile) che, addirittura già nel pudicissimo controriformato Cinquecento germanico, Hadrianus Junius si azzardava a chiamarlo ufficialmente – per l’appunto – Phallus; e Linneo non si tirò certo indietro dall’opportunità di confermarne il nome, benchè indubbiamente preferisse distribuire attributi legati all’altro sesso, come abbiamo già visto.

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Phallus impudicus – Fonte: Wikipedia.

Proprio il Phallus impudicus ci traghetta, in modo assai singolare, all’altra faccia della dicotomia del titolo, ovverosia le puritane, anzi, la puritana, poiché intendo raccontarvi di una in particolare…

[ continua la settimana prossima;
non giudicate ‘moraleggiante’ la prima parte prima di aver letto la seconda 😉 ]

  • Gabriele

Note

[1] B. Bryson, 2011, Breve storia di quasi tutto (A short history of nearly everything), TEA, 589 pp. Bryson attinge ampiamente da Gould, tra le altre cose, anche per quanto riguarda Linneo (v. note seguenti).

[2] C. Linnaeus, 1729, Praeludia Sponsaliorum Plantarum, Uppsala.

[3] La tassonomia è la disciplina che si occupa di classificare gli organismi viventi.

[4] Clitoria è un genere di piante della famiglia delle Fabacee (la stessa a cui appartiene il pisello…) così chiamato a causa della forma del fiore, che ricorda…vabbè dai, vi linko una foto.

[5] Per approfondire le orgiastiche abitudini bisessuali di Crepidula fornicata: S. J. Gould, 2009, Sesso e Dimensione (Sex and Size), in: Il Sorriso del Fenicottero (The Flamingo’s Smile), 2a edizione, Feltrinelli, 374 pp.

[6] Per chi fosse digiuno di latino e avesse poco spirito d’intuizione: meretrix significa meretrice, mercenaria significa mercenaria (che metaforicamente si può intendere sinonimo del termine precedente), fornicata è traducibile con “che ha fornicato” – il che forse è limitativo, visto che le Crepidule non smettono praticamente mai.

[7] C. Linnaeus, 1771, Fundamenta Testaceologiae, Uppsala, 48 pp.

[8] S. J. Gould, 2004, Il mollusco messo a nudo dai suoi naturalisti, anche (The clam stripped bare by her naturalists, even), in: I fossili di Leonardo e il pony di Sofia (Leonardo’s mountain of clams and the diet of Worms), Il Saggiatore, 448 pp.

2 pensieri su “Libertini e puritane nella storia della Scienza – parte I

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